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In memoria del vecchio ponte
Tutto iniziò la notte tra il 5 ed il 6 novembre 1994. Pioveva incessantemente da giorni su tutto il Piemonte, ricordo che in quei giorni si vedeva benissimo il fiume scorrere a filo dell'argine dalla finestra del bagno di casa. Il fiume Tanaro era uscito dal proprio letto ed aveva allagato la pianura circostante fino ad arrivare a lambire l'argine che proteggeva le case. Qualche temerario si spingeva fino alla piazzola di ormeggio delle barche da pesca, nel punto dove l'argine terminava per cedere il passo ad un breve tratto di strada privata che conduceva in Lungo Tanaro Magenta.
Il fianco del fiume era gremito di gente, anziani per la maggior parte, che monitoravano costantemente l'innalzamento del fiume ed elaboravano congetture sulle possibilità di un'esondazione. Quindici anni dopo arriva la sentenza: l'alluvione che ha colpito Alessandria la mattina del 6 novembre 1994 è stata colpa dello storico Ponte Cittadella, che avrebbe ostruito lo scorrere del fiume impedendo il deflusso delle acque e causando il disastro. Ma è andata davvero così?
Il 31 luglio 2009 veniva firmato l'ordine di abbattimeto del ponte, dopo anni di tentativi andati a monte, il 3 agosto il ponte veniva chiuso definitivamente e l'8 agosto iniziava la demolizione. Il traffico che fino al mese prima transitava sul ponte venne dirottato sul ponte Tiziano che assorbì bene l'urto, forse perché ad agosto tanta gente era in ferie, volontarie o coatte che fossero. Col mese di settembre il problema del congestionamento tornò a farsi sentire e da allora ci conviviamo.
Avevo 14 anni quando il fiume esondò e sentivo gli anziani parlare di dissesto idrogeologico e cementificazione selvaggia che avrebbero sottratto al fiume le sue naturali casse di espansione, quelle che in passato avevano sempre contenuto le piene eccezionali e salvaguardato la città dal pericolo. Sul libro di storia di terza elementare, alla pagina degli egizi, leggevo che le stagionali inondazioni del Nilo erano propizie per l'agricoltura, che depositava il limo, uno strato di fanghiglia che rendeva la terra fertile. Nulla di nuovo per il quartiere Orti, che vantava una secolare tradizione agricola.
Eppure nei quindici anni che seguirono l'alluvione non si contarono i politici che in veste di ingegneri o geologi improvvisati ci hanno raccontato le versioni più disparate sull'accaduto. In sostanza, ribadivano la necessità di un ponte nuovo a campata unica, il cosiddetto Ponte Meier.
Il nuovo ponte è stato progettato dall'architetto americano Richard Meier ed ha un design decisamente moderno. Prevede corsie separate per il traffico nelle due direzioni, più una corsia separata per il traffico pedonale e ciclistico. Il costo dell'opera è stimato intorno ai 18 milioni di euro, 12 dei quali forniti dalla Regione Piemonte attraverso i finanziamenti della Comunità Europea, mentre il progetto sembra sia costato all'epoca circa 5 miliardi delle vecchie lire. Il 27 settembre 2012 si tenne la cerimonia di posa della prima pietra nella quale il sindaco Piercarlo Fabbio in pompa magna sanciva l'inizio dei lavori. Il contrattro con le ditte appaltatrici dei lavori (Argo Costruzioni Infrastrutture s.c.a. di Tortona e da Cimolai s.p.a. di Rovereto) è già stato firmato dalla precedente amministrazione Fabbio in data 27 dicembre 2011 e le penali in caso di rinuncia sono decisamente onerose. La consegna del ponte finito è programmata per la fine del 2013. In pratica, questo ponte si ha da fare.
Con una delibera di giunta il 28 marzo 2012 emerge la necessità di nuove opere urgenti da effettuare prima dell'inizio dei lavori e non comprese nel capitolato dei lavori, al costo di soli 3,7 milioni di euro. In parole povere, ci sono dei costi extra che non erano inclusi nel progetto iniziale e che il comune deve pagare. Data la situazione economica attuale è difficile immaginare un'amministrazione pubblica che tira fuori tanti soldi, soprattutto dopo la dichiarazione di dissesto economico del comune per un buco di bilancio di circa 100 milioni di euro. E' ancora più difficile immaginare una Regione Piemonte che convoglia tanti soldi in una cittadina di provincia quale Alessandria, anziché iniettarli nel capoluogo, che è un bacino di voti assai più redditizio. Non riesco poi ad immaginare una Comunità Europea che elargisce fondi per costruire un ponte quando ha problemi ben più grossi da risolvere.
Anche ammesso che tutto ciò avvenga e che Alessandria abbia il suo ponte sotto l'albero per Natale 2013, la domanda che ogni alessandrino ha in testa è una. Servirà il nuovo ponte a rendere Alessandria più sicura?
La risposta c'è, ed è scritta nero su bianco da anni. Il 18 dicembre 1994 l'Autorità di Bacino del fiume Po produsse un documento chiamato Piano Stralcio ripristino assetto idraulico 45 (PS45), emesso appunto 45 giorni dopo la data dell'esondazione. In soli 45 giorni fu prodotta una documentazione approssimativa, poi rettificata nel 1999, che descriveva gli interventi necessari in materia di sicurezza per evitare il ripetersi degli eventi del 6 novembre. Il PS45 sottolineava la necessità del ripristino delle casse di espansione del fiume tra Alessandria e Asti per contenere quei fenomeni di piena eccezionale che storicamente si sono sempre presentate ogni 50-100 anni.
A ulteriore conferma arrivò poi lo studio del prof. Luigi D'Alpaos, del dipartimento di ingegneria idraulica, marittima, ambientale e geotecnica dell'università di Padova, commissionato dall'allora Procuratore della Repubblica dott. Carlo Brusco il 17 luglio 1995. Lo scopo era fare chiarezza sulle cause dell'esondazione e dire quali fossero le soluzioni. Il 22 gennaio 1997 lo studio produsse i suoi risultati e confermò quanto esposto nel PS45, insieme ad alcuni lavori di ricalibratura dell'alveo del fiume. L'eventuale rigurgito causato dai ponti viene definito "modesto", indicando nel ponte della ferrovia la più rilevante causa di ostruzione al deflusso delle acque. Lo studio indica chiaramente che gli interventi sui ponti sono di rilevanza marginale e che per valutarne l'impatto occorre ripetere i calcoli con dati più precisi o mediante modello simulativo.
La strada che si decide di intrapprendere è appunto quella dell'intervento sui ponti, nonostante diversi pareri negativi delle autorità. Complici una propaganda del terrore nei confroti del Ponte Cittadella e la piena dell'aprile 2009, viene presa al volo la decisione di abbattere il ponte. In seguito alla demolizione arrivò l'esito della simulazione, costata 12 anni di lavoro e una valanga di soldi, il cui esito conferma nuovamente i risultati dello studio del prof. D'Alpaos. Ormai però il ponte non esiste più.
Mio nonno mi raccontava che il fiume è sempre stato una sorgente di prosperità per il quartiere. Era una via di comunicazione importante, sorgevano diversi mulini ad acqua lungo il suo corso e molte persone possedevano una barca e si dedicavano alla pesca. Quando ero bambino andavo ogni tanto a giocare oltre l'argine del fiume, dove sorgeva un piccolo bosco di pioppi che si estendeva fino alla sponda del fiume. Spesso infatti vi erano barche ormeggiate, alcune danneggiate irreparabilmente dal disuso, ma altre ancora funzionanti. Agli Orti la gente ha sempre saputo convivere con il pericolo del fiume, d'altronde non a caso il quartiere deve il suo nome alla tradizione ortolana dei suoi abitanti, favorita da un terreno molto fertile appunto per via delle piene occasionali e alla disponibilità di acqua data dalla vicinanza al fiume.
Nel corso degli anni le aree golenali sono state edificate e gli argini rafforzati per permettere nuovi insediamenti andando a gonfiare quella bolla speculativa che a cavallo del 2000 ha più che raddoppiato il prezzo delle case. La risposta al PS45 delle amministrazioni non ha potuto che essere contraria. Si è preferito infatti abbattere il Ponte Cittadella ed innalzare gli argini esistenti piuttosto che mettere in discussione la dubbia presenza di complessi abitativi in aree per natura soggette ad esondazioni.