Seleziona la tua lingua
La crisi dei mattoni
In un mondo dominato da inglesismi e velocità siamo ormai assuefatti agli acronimi. I mattoni in oggetto non sono infatti quelli di terracotta, nemmeno i Lego, ma i BRICS, sigla con cui ci si riferisce in modo congiunto a cinque paesi: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Contrariamente ai PIIGS, i BRICS sono le economie trainanti e più in crescita sul pianeta. Negli ultimi vent'anni abbiamo guardato inizialmente con diffidenza ma poi con fiducia ai BRICS confidando che con la loro vivacità potessero sopperire le carenze del vecchio continente.
Ciò nonostante anche i BRICS non sono immuni dalle crisi. Sono infatti economie deboli, facilmente penetrabili dalla speculazione e suscettibili a crisi monetarie. Il crollo del Baht thailandese nel luglio 1997 e la conseguente crisi asiatica che ne scaturì ebbero origine da un attacco speculativo dal quale i governi orientali non seppe difendersi.
La crisi russa dell'estate 1998, che portò al default del debito pubblico, ebbe origine in seguito allo smantellamento del regime comunista, epilogo della Guerra Fredda, e la conseguente penetrazione del liberismo nel sistema finanziario nazionale. Dal dopo Eltsin queste logiche hanno gettato il paese nella miseria e formato quelle che oggi sono le oligarchie russe, tra le più ricche e potenti al modo. Oggi la Russia rimane forse l'unica nazione al mondo che può dirsi autosufficiente a livello di risorse del sottosuolo e le oligarchie hanno sfruttato questo vantaggio strategico gettando le basi di una delle economie mondiali in maggiore espansione.
Oggi queste locomotive stanno dando segni di cedimento. La crescita è ancora a livelli importanti ma non tali da soddisfare le attese. La logica purtroppo è spietata: quando un paese lascia entrare i capitali dall'estero ottiene un'immediata pioggia di liquidità che però esige riscontro. Questi capitali sono pronti ad andarsene appena la nazione ospitante mostra segnali di cedimento o indecisione nell'adottare politiche che favoriscono l'impiego dei capitali stessi.
Il denaro non dorme mai, ma a far fuggire i capitali non è solo l'incertezza politica dei BRICS. C'è anche un complessivo ed inevitabile impoverimento dei giacimenti di materie prime, necessarie per alimentare un'economia reale ed in forte espansione come quella cinese. La direzione di questi capitali in fuga è il mercato azionario americano, più promettente per il futuro ma a sua volta non immune da bolle speculative e nuove contrazioni.
Stiamo assitendo ad una guerra per accaparrarsi l'ultimo frammento di stabilità economica che possa garantire ricchezza e crescita illimitata nel tempo, denaro che genera alto denaro. Aristotele diceva: "Nummus nummum parere non potest", che si può tradurre come "Il denaro on può generare altro denaro". In altre parole, non esistono pasti gratis, macchinette da soldi, amplificatori di ricchezza a guadagno infinito. Il concetto di tempo come amplificatore di capitale è alla base della logica di investimento moderna, mentre pensare a chi specula sul tempo come un peccatore sembra una visione oscurantista e medievaleggiante.