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La tradizione del Natale
Il Natale rischia di essere messo in ombra dai problemi che questo 2011 non sembra smettere di regalarci. Ovunque si parla di crisi, spread oltre i 500 punti base e crisi del debito sovrano. La borsa con i suoi ultimi scivoloni ci ha abituati a folli livelli di volatilità, i dati sulla disoccupazione sono allarmati e la guerra fa da padrona un po' ovunque. Non sembra nemmeno il caso di mettere i campo i problemi di depletion delle risorse... Il Natale che si vede in TV è un po' diverso, quello là fuori sembra più l'avanzata degli orchi da Minas Morgul!
Dove sono i bambini alla porta che cantano le canzoni di Natale? Gli alberi illuminati, la carta da regalo con sopra disegnata la musica, i libri di vecchie storie e la neve? Il camino acceso che scalda il rustico casettino in stile fiabesco? Anche io sono stato bambino ed ho amato i simboli del Natale commerciale, ma oggi non nascondo un certo imbarazzo nel pensare che tutto fa parte di un sincretismo di tradizioni tutt'altro che nostrane. Le abbiamo importate e fatte nostre come Halloween, ed abbiamo smarrito le nostre tradizioni.
Come si sentirebbe un bambino se scoprisse che non è il simpatico vecchietto sulla slitta a portargli i regali la notte di Natale, ma un orrendo troll per giunta infuriato perché costretto da San Nicola di Myra a compiere buone azioni in segno di espiazione. Il Natale assumerebbe un sapore meno allegro. Eppure il Natale commerciale non è altro che il sincretismo di varie tradizioni, storie ed usanze, mescolate insieme ed adattate per diventare un fenomeno di massa e quindi esportabile in tutto il mondo.
Paese che vai Natale che trovi. Tanti sono i simboli che raffigurano il Natale nella nostra immaginazione quante sono le culture che hanno contribuito a plasmarne l'immagine. Nel corso dei secoli la memoria della nascita di Gesù ha dovuto fare i conti con alberi e babbi natale, che ne hanno occultato il vero valore.
Il primo fra tutti è sicuramente l'albero natalizio della tradizione pagana, partita dal nord Europa. Originariamente si parlava di un gioco religioso medioevale che in Germania si celebrava il 24 dicembre, il “Gioco di Adamo ed Eva” (Adam und Eva Spiele), durante il quale si riempiva la città di alberi addobbati di frutti ad immagine di un Paradiso terrestre.
Riga, in Lettonia, è la città che afferma di aver ospitato il primo “albero di capodanno” nel 1510, e nel XVII secolo l'albero è entrato nelle case della gente. Tuttavia la sua diffusione nel resto del continente è dovuta agli ufficiali prussiani nel XIX secolo. Dai primi del '900 il fenomeno commerciale dell'albero di natale ha cominciato ad assumere proporzioni sempre maggiori fino a diventare quello che oggi conosciamo, il fulcro di un'industria dell'addobbo.
Babbo Natale occupa il secondo posto. Il mito nasce dalla figura storica del IV secolo del vescovo San Nicola di Myra, una antica città della Licia in Anatolia, l'odierna Turchia, che era solito fare doni ai poveri. Nato a Patara, fornì la dote alle tre figlie di un cristiano povero e devoto, salvandole dalla prostituzione. Le sue reliquie riposano a Bari, nella balisica costruita in suo onore nel 1087.
In Olanda lo si ricorda nella festa di Sinterklaas (Compleanno del Santo), poi diventato Santa Claus nelle varie tradizioni. Secondo la chiesa ortodossa, la figura è stata sostituita dal personaggio di San Basilio (Vasilis), un altro vescovo del IV secolo originario di Cesarea, che portava doni ai bambini il giorno di Capodanno. Il Babbo Natale moderno sembra trarre maggior spunto dal Nonno Gelo (Dez Moroz) della tradizione russa. Anche la sua residenza varia in funzione delle tradizioni. L'ingresso dal camino e l'usanza di lasciare doni nelle calze viene invece dal folklore tedesco, quando il dio Odino l'errante lasciava doni e dolci in cambio di cibo. Esiste anche una versione che viene dal folklore germanico in cui San Nicola lotta contro un mostro (il diavolo, un troll o Krampus), lo imprigiona con dei ferri magici e lo obbliga a fare ammenda portando doni ai bambini.