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Morto un papa se ne fa un altro
Quando studiavo alle scuole elementari e media, storia era una materia noiosa. Il libro raccontava di popoli ormai scomparsi o di personaggi e luoghi dei quali non avevo la minima percezione. Leggevo di Oliver Cromwell e Papa Bonifacio VIII senza percepire che le loro azioni e la loro stessa esistenza avessero in un qualche modo influenzato la storia del loro tempo, che questi personaggi avessero calpestato la stessa terra che oggi io posso osservare. Studiavo i fatti come se essi fossero unicamete confinati in una tradizione orale che si tramanda in un epoca appiattita dalla consuetudine, in cui non succede mai niente.
Crescendo si comincia ad aprezzare la storia, forse perché è solo col tempo che si inizia a percepire come l'intreccio di ordinari fatti quotidiani possa gettare le basi su cui essa si forgia e muta continuamente. Fino ad oggi ricordo pochi fatti che un giorno sarei curioso di leggere nei libri di storia, uno di questi è la notizia delle dimissioni del Papa.
Quando facevo le medie la professoressa di italiano ci parlava di Celestino V come dell'unico Papa che nella storia della Chiesa abdicò. Alle superiori, leggendo la Divina Commedia, era d'obbligo il commento del verso 60 del terzo canto, quando Dante riconosce tra gli ignavi dell'Antinferno una figura a lui nota di cui però non esplicita il nome. Per quanto discordi, i filologi individuarono in Celestino V l'identità di quest'anima prava.
Mai avrei pensato che nel 2013 avrei assistito ad un fatto analogo: un papa che abdica. E' qualcosa che lascia perplessi, sia per l'unicità del fatto che per la motivazione. Mi fa pensare che all'interno della Chiesa ci sia una forte urgenza di rinnovamento, al punto da spingere lo stesso pontefice a cedere il posto ad un "più vigoroso esponente" che sappia guidare la comunità in tempi come questi di grande bisogno.
Il fatto mi ha riportato alla mente un libro che lessi nell'estate del 2002: Imprimatur (Rita Monaldi, Francesco Sorti - Mondadori). Da sempre la Chiesa ha vissuto momenti di magnificenza e momenti bui, nei quali la virtù della sua guida sembrava essere messa in discussione, ma è sempre riuscita a correggersi e sostenersi, proprio perché fondata sulla natura umana, che è perfettibile per definizione. Nel libro si faceva cenno anche alla Profezia di San Malachia, il tanto discusso elenco dei 111 papi che dal 1143 sarebbro succeduti a Celestino II, fino alla fine dei tempi. La rinuncia di Gloria Olivae (Benedetto XVI) lascia inevitabilmente il posto al Petrus Romanus: in persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis (Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli cadrà ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen).
Profezia molto discussa, essa è candidata a diventare il nuovo tormentone dopo la clamorosa smentita delle previsioni sul 21 dicembre 2012 e la fine del lungo computo del calendario Maya. Fino a due mesi fa eravamo tutti esperti astronomi e profondi conoscitori della mitologia Maya e Mesopotamica. Chissà se da oggi inizieremo a formarci come storici della Chiesa, in vista di un nuovo argomento catastrofista?