Seleziona la tua lingua
Le GUI al tempo del colera
Ciò che oggi più attira l'attenzione in un'applicazione, sia essa un complesso software per il lancio di capsule spaziali che un catalogo di ricette, è la componente grafica. Non solo deve essere bella, piacevole, ergonomica, evoluta e veloce, deve pure essere standard. L'utente in pratica vorrebbe che ogni comportamento abbia le conseguenza aspettate. Nessuno si aspetterebbe che facendo triplo click destro sulla barra di una finestra questa si chiuda. Allo stesso tempo le azioni devono essere ben codificate. Nessuno si aspetterebbe che per chiudere una finestra occorra un triplo click destro sulla barra. Eppure non è sempre stato così. Le Graphics User Interface, o GUI, sono una conquista relativamente recente nel mondo dell'informatica.
Tra il 1981 e il 1983 fanno la loro comparsa i primi computer con funzionalità grafiche. Essi erano Star di Xerox, meglio noto come Xerox 8010 Information System, e Lisa della Apple. I costi dei due sistemi spaziavano dai $75.000 di Star ai $9.995 di Lisa. Star fu il primo ad introdurre un nuovo tipo di periferica di puntamento per permettere l'interazione con l'interfaccia grafica, il mouse. I PC IBM compatibili, che in quegli anni si stavano progressivamente diffondendo, erano ancora parecchio indietro a causa del protezionismo che IBM attuava in favore di quei prodotti della categoria mainframe e minicomputer, di cui aveva il monopolio e da cui ricavava maggiori profitti.
Nonostante ciò l'architettura PC IBM era aperta a miglioramenti da parte di altri competitors proprio perché era stata resa pubblica, principalmente per ragioni di costo, e standard. Quando IBM prospettò a Microsoft l'intenzione di realizzare un proprio modello di computer basato su microprocessore, espresse anche il desiderio di contenere al massimo i costi, e per questo scelse di non progettare da sé i componenti, cosa che tutti facevano, ma di procurarsi i pezzi sul mercato. Il processore scelto fu l'Intel 8088. I concorrenti potevano quindi copiare le scelte architetturali e produrre il loro hardware mettedosi in concorrenza diretta con IBM, certi di non perdere nulla in compatibilità con tutto il software all'epoca in commercio. Il primo approccio un po' più evoluto al personal computer di casa IBM arrivò solo nel 1984 con l'IBM PC AT, meglio noto come IBM 286. L'acronimo AT significava Advanced Technology, ed era a tutti gli effetti il primo modello di personal computer per il mercato di massa. Esso montava un processore Intel 80286 a 6 o 8 MHz, un coprocessore matematico per i calcoli in virgola mobile, l'Intel 80287, e vantava una potenza di calcolo a 16 bit. In realtà solo la CPU era a 16 bit, il resto dell'hardware funzionava acora a 8 bit, rallentando notevolmente le prestazioni del sistema. Ache questa scelta fu fatta per contenere i costi e per rallentnare lo sviluppo dei PC in favore del mondo mainframe.
L'innovazione più importante dell'IBM 286 era l'adozione di una scheda grafica EGA a 64 colori con una palette a 4 bit (16 colori utilizzabili contemporaneamente) e risoluzione massima di 640x350 pixel. Fu questo il tassello mancante che il 20 novembre 1985 permise a Microsoft di commercializzare un nuovo tipo di software, che chiamò Windows. Esso era stato concepito come un'interfaccia grafica di MS DOS (allora si chiamava PC DOS ed era distribuito da Microsoft e da IBM), un componente aggiuntivo che permetteva di mappare i comandi del sistema operativo su azioni più intuitive mediante l'uso di menù, icone e finestre.
La diffusione dell'architettura dei PC IBM compatibili contribuì ad ampliare a dismisura la fetta di mercato di Microsoft, che riuscì nuovamente ad imporre il suo prodotto come standard "de facto" nel settore delle interfacce grafiche. Da qui in avanti la storia si fa sempre più complessa.
Chi si misurava con le GUI di quegli anni non aveva certo vita semplice. Ogni interfaccia andava da sé, per questo c'era il manuale. Ancora nel 1992, chi comprava un PC 386 o un 486, si trovava nella confezione il manuale cartaceo di Windows 3.1. Il lavoro svolto dalle software house in quegli anni era quello di standardizzare i comportamenti dei vari componenti grafici. Lo standard di Microsoft prevalse perché già in quegli anni poteva contare su un bacino di utenza molto più ampio. A queste regole dovette adattarsi anche il mondo dei videogiochi. Inizialmente ogni prodotto gettava le basi per il proprio standard, basti pensare allo SCUMM della LucasArts. Per andare incontro ad una sempre più vasta gamma di utenti, anche i produttori di videogames dovette ricorrere a degli standard per migliorare l'accessibilità dei proprio prodotti.