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Ma avanzato in che senso?
Nella sua intenzione iniziale, Advanced D&D nasceva come un sistema avanzato del regolamento precedente. Quando avevo 13 anni avanzato significava necessariamente migliore, quindi quando dovetti decidere cosa fare delle 200.000 Lire sanguinosamente risparmiate e riposte nel salvadanaio, decisi di acquistare i manuali di base di AD&D e di iniziare la mia carriera come DM. Ricordo che passai più di un mese a rileggere i nomi dei manuali elencati su un volantino per l'acquisto per corrispondenza, cercando di capire, della miriade di volumi presenti, quali fossero realmente necessari per poter iniziare.
L'elenco era purtroppo molto lungo e certi titoli decisamente appetibili. Ricordo le guide del dott. Rudolph Van Richten. Volevo sapere tutto, mi alambiccavo il cervello cercando di capire quali dettagli in più quel particolare modulo potesse contenere, quali informazioni aggiuntive avrei potuto trarre da quel particolare supplemento. Dopo settimane di sofferte decisioni, riuscii a circoscrivere la scelta all'essenziale: un set di dati, il manuale del giocatore, la guida del dungeon master e il manuale dei mostri. Il master screen era venduto a parte, insieme alle schede verdi per la creazione dei personaggi. Niente ambientazione, all'inizio avevo deciso che avrei fatto tutto da solo basandomi interamente sul mio immaginario dell'epoca, che per quanto approssimativo fosse, mi permetteva di risparmiare almeno 40.000 lire!
All'epoca, insieme agli amici, partecipavo alle sedute di D&D come giocatore. Sfogliando i manuali di AD&D, il mio primo pensiero da DM fu: non è che forse ora i PG sono un po' troppo avvantaggiati? Solo 20 livelli? Un progresso così rapido? Tutte queste abilità? Forse quel prefisso Advanced stava per "sempliflicato" o "facilitato"?
Purtroppo, nella mia esperienza fino ad allora, il DM era sempre stato una specie di divinità onnipotente, cinica e cattiva che si divertiva a punire i personaggi giocanti per ogni loro scelta avventata o anche minimamente ambiziosa. Advanced D&D aveva lo scopo di introdurci ad un nuovo modo di intendere il GdR.
Innanzi tutto il realismo. Il regolamento si proponeva di introdurre molte nuove variabili nel gioco, al punto di farlo quasi sembrare un nuovo gioco. Prima tra tutte la separazione della classe e della razza. Dopo di che, non tutte le razze avevano accesso alle stesse classi, vuoi per vocazione o per questioni culturali. Il Paladino per esempio era solo umano, mentre la classe del mago era precusa ai nani. Anche l'avanzamento di livello per i semiumani era limitato, sebbene esistesse una regola opzionale che permetteva loro di estendere questo limite se in possesso di alti punteggi di abilità nel requisito primario.
Molte delle novità erano già presenti nella prima edizione. La seconda si pose l'obiettivo di riorganizzare la miriade di regolamenti che nel frattempo erano stati aggiunti cercando di rendere il tutto più organico possibile. Non mancarono le epurazioni: in quegli anni il gioco era oggetto di forti critiche per timore che potesse veicolare messaggi immorali o addirittura essere una copertura per sette sataniche. Ecco che sparisce la classe dell'Assassino, demoni e diavoli vengono rimpiazzati da Baatezu e Tanar'ri e viene abbandonata la classe del Monaco, giudicato poco medievaleggiante.
Poi c'era la questione dell'allineamento morale. Ora i PG potevano essere malvagi. Questo introduceva una certa complessità, in quanto essendo AD&D un gioco di ispirazione fantasy eroica, si faticava a trovare eroismo nella malvagità. La mia impressione iniziale fu che l'allineamento malvagio era solo un pretesto per il giocatore per potersi comportare a proprio piacimento senza che il DM lo potesse importunare con la classica frase: "questa azione non è permessa dal tuo allineamento morale! Penalità! Perdi 500 punti-esperienza".
Eppure ciò permetteva di dare uno spessore aggiuntivo alla trama dell'avventura. Già, la trama... La vera novità di AD&D era appunto l'approccio narrativo/regolistico. Non ero nuovo alle regole di AD&D in quanto i videogiochi di ruolo dell'epoca, come per esempio la saga di Eye of the Beholder, ne implementavano il regolamento. Eppure ero sempre troppo preoccupato che i PG avessero vita facile. Nella stessa Guida del DM il capitolo 11, che descriveva la gestione degli incontri, si chiudeva con un breve trafiletto dal titolo: "Se l'Incontro è Troppo Facile".
In quelle tre righe il problema veniva derubricato semplicemente dicendo che non era un reale problema, purché il tesoro fosse bilanciato. Si sarebbe potuto rendere la vita dei PG più difficile la volta successiva...
Fino al 1999 non sono mai riuscito a digerire completamente quella frase. Apprezzavo l'approccio regolistico di AD&D perché propendevo per un'interpretazione letterale delle regole. Se una cosa non è scritta, allora era preferibile vietarla piuttosto che permettere la libera interpretazione. L'essenziale era mettere dei paletti alla sfrenata fantasia e allo smisurato ego dei giocatori.
Eppure lo stile narrativo che AD&D introduceva partiva proprio da lì. Il DM e i PG sono coautori di una trama comune. I PG non erano più semplici sconsiderati che spendevano la propria esistenza in equilibrio al limite del baratro, pronti a precipitare al primo lancio di dato avverso. La creazione di un personaggio era una fase importante e laboriosa, parte essenziale dell'avventura stessa. Il giocatore era coinvolto in essa sin dall'inizio quando decideva come personalizzare il proprio personaggio. I ladri infatti non erano tutti uguali, ma piuttosto degli stereotipi. Un giocatore poteva immaginarsi di essere un cacciatore di taglie, quindi scegliere un allineamento morale Legale-Neutrale e orientare le proprie competenze sul piazzare/rimuovere trappole e sulle armi a distanza. Come esperto di magia invece poteva scegliere una particolare scuola di magia anziché essere un mago generico, ed ambire a diventare per esempio un malvagio Necromante che crea non morti nel tempo libero.
Allo stesso modo le classi militari, essendo destinate alle prime file, erano quelli che menavano forte. La forza eccezionale, i bonus ai punti ferita, al colpire e ai danni erano diversi per i guerrieri. Un mago con forza 18 non poteva pretendere di picchiare come un guerriero di eguale abilità. Anche i punteggi di intelligenza diventavano importanti per un mago poiché un punteggio superiore alla norma ma comunque limitato poteva precludere certi livelli di incantesimo e ridurre la probabilità di acquisirne di nuovi.