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Ricordo di Torre Mozza

Torre Mozza (Follonica, GR)Un'estate al mare, voglia di remare, fare un bagno a largo, per vedere da lontano gli ombrelloni oni oni... Così cantava Giuni Russo nel lontano 1982. Negli anni '80 le vacanze estive erano parte di un cliché al quale pochi potevano sottrarsi. Un po' per via della voglia di fuggire dalle città, al benessere diffuso di cui la società medio borghese italiana godeva e la forte svalutazione della Lira in seguito alla Scala Mobile, ogni estate gli oltre 4000 Km di coste italiane si preparavano ad accogliere milioni di turisti provenienti da ogni parte d'Europa.

Rimini, Cattolica e Riccione rimanevano le mete più gettonate dai giovani o dalle famiglie in cerca di divertimenti ben integrati con strutture turistiche all'avanguardia. Tra il 1984 ed il 1994, il tratto di costa di Follonica, a nord-ovest di Grosseto, tra Piombino e Punta Ala, era per me il tratto di mare più bello del mondo.

Il viaggio

Il viaggio partiva puntualmente al mattino presto per evitare il congestionamento delle autostrade, e durava parecchio. Caricavamo la macchina fino ai limiti fisici della materia incomprimibile, poiché sapevamo che le comodità che avremmo trovato a destinazione erano limitate. Il TV color Rex 14 pollici a tubo catodico per esempio era una di quelle. Ricordo ancora la sua figura incombente emergere da sopra le valigie nel bagagliaio della station wagon, proprio dietro le nostre teste. Sebbene nei primi anni '80 la diffusione dei canali tv oltre alla Rai era ancora limitata nella Penisola, era comunque un intrattenimento utile per seguire i mondiali, il tour de France o per vedere Giochi Senza Frontiere o altri programmi estivi la sera dopo cena. Oltre alle valigie, rigorosamente senza rotelle, seguivano alcune provviste (non aveva molto senso andare in vacanza per cucinare), qualche articolo da cucina, giochi per la spiaggia, canotto con remi e fumetti per il viaggio.

Il tragitto, oggi percorribile in circa tre ore e mezza, trent'anni fa mancava di molte delle attuali infrastrutture. La prima tappa era Genova, dalla quale si proseguiva per Livorno, dove l'autostrada finiva. Da lì in poi era tutta statale, paesi e paesini lungo la pittoresca Strada Aurelia Vecchia. La meta però giustificava il viaggio. A ridosso della spiaggia c'era una foresta di pini marittimi, entro i cui confini sorgeva il campeggio Torre Mozza, la nostra destinazione, che prendeva il nome dall'omonima torre di avvistamento cinquecentesca fatta costruire dai principi di Piombino proprio sulla costa a due passi dal campeggio.

Il campeggio

La struttura del villaggio era molto semplice. C'era una strada in terra battuta, immersa nella pineta, che formava un ovale chiuso e collegava le varie aree del campeggio, in cui erano dislocati bungalow e roulotte perfettamente ambientati nell'ecosistema circostante. I bungalow erano piuttosto spartani e ciascuno concepito con caratteristiche proprie. Ce n'era uno che sorgeva su un rialzo tra due alberi che lo rendeva simile alla casa di Robinson Crusoe, altri con enormi verande ben ventilate sotto cui poter mangiare comodamente o a ridosso della costa con accesso preferenziale alla spiaggia. Ogni bungalow aveva un bolier elettrico da 30 litri per l'acqua calda e una bombola del gas per le utenze della cucina. Non era previsto il riscaldamento a termosifoni e ogni tanto c'era qualche zanzariera alle finestre. Un isolamento completo non era possibile, era quindi probabile che ogni tanto ci si trovasse a dividere l'alloggio con qualche insetto errante. Infine, niente telefono. Per telefonare si faceva la coda al telefono a gettoni del bar e qualora si necessitasse di ricevere telefonate, il chiamante doveva contattare il bar che si preoccupava poi, mediante l'altoparlante posta al centro del campeggio, di chiamare il destinatario, il quale si recava di corsa al locale del bar.

Un po' in disparte sorgeva un'area per lo smaltimendo delle acque nere, con grosse cisterne che emanavano un caratteristico odore di fogna. Da bambini, quei giganti di acciaio incutevano un certo timore, forse dovuto al costante ronzio degli impianti limitrofi, che ricordavano il sonno di una specie di mostro che era meglio non interrompere.

Al centro del villaggio c'era un ufficio turistico con mini market, pizzeria, sala giochi, bar, telefono a gettoni ed infermeria. Ricordo ancora che proprio nel mezzo della sala del bar sorgeva un grosso albero che attraversava la sala e fuoriusciva dal soffitto, quasi a ribadire a noi vacanzieri che in quella pineta lui era il padrone di casa e noi gli ospiti. Ricordo bene quella sala dai muri imbiancati, alla radio passavano Gianna Nannini, Ivana Spagna, Madonna, Duran Duran, Depeche Mode e altri tormentoni dell'estate.

L'ingresso era chiuso da un cancello e presidiato fino a mezzanotte. L'accesso al mare invece era libero, e passava per una promenade, interrotta ogni tanto da scalette di legno e pietra per facilitare l'accesso alla spiaggia. Non c'era animazione, niente gioco aperitivo o animatori dispettosi pronti a buttarti in acqua al primo accenno di indifferenza al loro richiamo. La spiaggia era libera e non molto larga, quindi era opportuno arrivare presto per prendere i posti migliori. L'ombrellone era parte integrante del bagaglio, in quanto la spiaggia non era attrezzata. Passava ogni tanto qualche ambulante a vendere le solite amenità e qualche venditore di cocco.

A circa una decina di metri dalla riva sorgeva una scogliera artificiale, formatasi sui resti di un'antica strada romana. Questa aveva la funzione di mitigare l'erosione della spiaggia e di creare un bacino di acque relativamente tranquille ideali per la balneazione. Il fondo era molto ripido, tipico del Mare Tirreno, per cui bastava avventurarsi anche di pochi metri dal bagnasciuga per trovarsi già in acqua alta. La vita di spiaggia scorreva ogni giorno nella solita routine, interrotta da una gita in pedalò o dalla merenda. Da quelle parti erano famose le donzelle, una specie di frittella salata a forma allungata e vuota all'interno. Se la giornata non era ideale per la spiaggia organizzavamo gite nell'entroterra oppure percorrevamo la pineta in cerca di pinoli. In alternativa, la veranda del bungalow si trasformava nel nostro spazio per i giochi e dove trascorrere il tempo libero.

Alla sera la promenade si animava di famiglie con bambini che raggiungevano la torre di guardia, che ospitava un ristorante pizzeria, per mangiare un gelato o cenare al ristorante. Per le coppie più romantiche la spiaggia di sera offriva la vista sul mare con i porti di Piombino e Punta Ala illuminati, stelle e silenzio, interrotto solo dal rumore del mare. Non c'erano discoteche nei paraggi, solo negli anni a venire i villaggi sorti nel circondario si dotavano di impianti e piste per la musica all'aperto, ma non a Torre Mozza. Gli obiettivi erano la tranquillità ed il relax, concetti così lontani dal cliché di vacanza al mare stile Rimini Rimini. Forse per via della forte presenza di tedeschi, verso le 7 l'aria si riempiva del suono delle televisioni portatili, che puntualmente si sintonizzavano sui TG locali o sui programmi serali, mentre il fumo degli zampironi riempiva le verande popolate da turisti color aragosta in calzoncini e ciabatte.

Oggi la pineta è protetta, il campeggio all'interno dei suoi confini è vietato per tutelare l'ecosistema e col tempo le concessioni dei villaggi vacanze sono state revocate. Il campeggio Torre Mozza ha definitivamente chiuso i battenti nei primi anni del 2000.