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Al termine di un lungo viaggio
Mentre ti guardo attraversare il ponte, mi viene in mente il nostro primo incontro. Quando tutto iniziò, tu vivevi in una cascina di un paese poco fuori città. La tua grande avventura nella vita incominciava all'inizio di aprile del 2011, insieme a tuo fratello, un gattino tutto nero che chiamavano Torello perché era molto agitato. Portarti a casa è sembrato un gesto sacro, sembrava di avere tra le mani qualcosa di così fragile ed indifeso. Eri ancora piccola, ma il latte della mamma non bastava ed il tuo occhietto destro aveva bisogno di tante cure.
L'occhio guarì subito ed immediatamente imparammo a conoscere il tuo carattere giocoso ed esuberante. Sono stati anni intensi nei quali abbiamo imparato a fidarci l'uno dell'altro.
Tutto questo fino al giorno in cui la vita ha preso una svolta decisiva. La famiglia è cambiata, nuove necessità sono sorte. Il tempo per stare insieme diventava sempre meno, così come le tue fotografie. Le giornate iniziavano sempre prima e finivano sempre più tardi. Iniziava il grande silenzio. Chissà se quando mi vedevi strisciare nel buio della cucina nel cuore della notte, non desideravi accoccolarti un po' sulle mie gambe o seguirmi in camera per giocare un poco come facevamo una volta. Il vento del cambiamento fu inevitabile, portò incredibili novità, ma deve averti portato via molto.
La pandemia del 2020 segnò una nuova svolta. Il fatto che si potesse lavorare da casa ti fece per un breve tempo riassaporare l'atmosfera di una volta, ma poi si dovette tornare alla normalità. Fortunatamente gli ultimi due anni ci hanno permesso di ritrovare il contatto. La vita iniziava a trovare nuovi equilibri, tu eri ormai vecchiotta e stanca, passavi gran parte della giornata dormendo ma eri ancora lì ad aspettarmi, desiderosa di riscoprire il tempo perduto e di ricominciare tutto da dove avevamo interrotto. Forse al termine di questo lungo viaggio, iniziato per te sui prati intorno ad una cascina di periferia, abbiamo davvero ritrovato il tempo perduto.
Improvvisamente poi è arrivata la diagnosi. Una sentenza cui non eravamo preparati. Ti sei addormentata, dopo di che tutto è passato. Il tuo ricordo però non passerà mai. Nel buio della sala mi sembra ancora di vedere la tua silhouette che si affretta sullo schienale del divano, per poi fermarsi davanti alla finestra. Questa sera ogni angolo della casa mi parla di te: le ciotole vuote, i vecchi giochi riposti in una scatola, la coperta sul divano per le notti più fresche.
So che domani mattina, entrando in cucina, l'occhio correrà inevitabilmente per tutta la stanza cercando segni della tua presenza. Getterò uno sguardo alla cima del mobile della cucina, sperando di vedere ancora la tua sagoma spuntare o la tua testolina far capolino dal fondo del tavolo, pronta a corrermi incontro facendo le fusa prima di richiamarmi ai miei doveri.
Penso e non riesco a sopportare il pensiero della sofferenza nascosta che ti sei portata dentro silenziosamente per tutto questo tempo. Mi chiedo se avessimo potuto immaginare, se avessimo potuto capire prima quello che sarebbe successo e magari evitare tutto questo. Avrei migliaia di domande che adesso vorrei farti, ma forse la più importante per me è una sola: chi sa se eri felice?