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Per citare John Carmack: "La trama in un videogioco, è come la trama in un film porno. Ti aspetti che ci sia, ma in fondo non serve a niente" (Masters of Doom).
Nonostante la tecnologia che oggi definiremmo arretrata, questi videogiochi ci hanno fatto sognare. Alla carenza tecnica sopperiva l'immaginazione e quella dose di atmosfera data appunto dalla trama che gli sviluppatori avevano concepito per fare da retroscena dell'azione. Seppur superflua, era ciò che ci proiettava in un nuovo mondo.
In quegli anni non c'era memoria gratuita, ogni kilobyte doveva essere risparmiato. Le animazioni erano poche, rigorosamente corredate di testo scritto per spiegare quello che succedeva sullo schermo e soprattutto per dare un motivo al nostro eroe di intraprendere l'avventura. Spesso il manuale, stampato su carta e riposto nella scatola di cartone, era indispensabile per capire come giocare.
Era preferibile stampare della carta e fabbricare delle scatole, piuttosto che utilizzare qualche floppy disk in più per realizzare un tutorial...
Le cose funzionavano così in quegli anni.
Loom
Loom è un'avventura grafica di casa Lucasarts e fu il quarto prodotto di questa software house a sfruttare il motore SCUMM per il controllo delle azioni. Al contrario dei più classici Maniac Mansion e Monkey Island, in Loom le azioni non sono determinate dai loro nomi e non sono selezionabili da un menù. La musica è il cuore pulsante del gioco e tutto ruota intorno ad essa. La colonna sonora del gioco è infatti ispirata al Lago dei Cigni di Tchaikovsky.
La storia si svolge in un'ambientazione fantastica in cui le persone vivono in clan chiusi, al di fuori dei quali non esistono contatti umani. Il protagonista è Bobbin Threadbare, un giovane appartenente al clan dei Tessitori, unico figlio di Lady Cigna Threadbare. Come tutti i clan, i Tessitori hanno le loro regole e nascondono i loro segreti: vestono una tunica colorata con un capuccio che copre interamente il viso, lasciando intravedere solo gli occhi nell'oscurità e custodiscono un telaio magico, il Loom, col quale possono tessere trame musicali che danno origine a fenomeni naturali.
Street Fighter II - The World Warrior
Ciò che ha reso davvero grande Amiga 500 tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 sono state le grandi potenzialità multimediali che sui PC IBM compatibili non erano supportate. Questo ha permesso il porting di molti videogiochi da bar, i cosiddetti coin op, attorno ai quali si radunavano folte schiere di giovani videogiocatori. Il genere del picchiaduro era tra i più gettonati, visto l'alto contenuto di grafica, colori e musiche. Tutto il necessario per esaltarsi.
Street Fighter II è stato il primo titolo del genere a raggiungere un livello di qualità superiore, sia per le caratteristiche fortemente stereotipate dei combattenti che per l'effettivo lavoro di pregio fatto dalla Capcom nel lontano 1991. Sviluppato da Akira Nishitani e Akira Yasuda, ebbe un inatteso successo ed entro il 1993 portò nelle casse della Capcom la bellezza di 1,5 miliardi di dollari (2,32 attualizzati al 2011).
Menace
Ecco un altro autentico gioiellino di casa Psygnosys risalente al 1988 che ha animato schiere di giocatori nelle sale gioco o coloro che, più fortunati, possedevano un Amiga 500 per farlo andare. In un solo dischetto, Menace offriva grande divertimento e battaglie spaziali attraverso sei livelli di gioco. Scopo della missione era distruggere Draconia, un pianeta alieno che minaccia la pace nell'universo, ma non prima di aver superato tutte le difese ed aver annientato i sei boss che si interpongono tra la nostra piccola navicella spaziale e la fine di ciascun livello.
Lo schema di gioco è uno dei più classici. Lo sprite della navicella avanza automaticamente verso destra su un fondale bitmap che si ripete ed avanza a velocità costante. Man mano che si procede si incontrano nemici orgaizzati in piccole pattuglie. Ogni elemento della pattuglia è uno sprite che si muove secondo un pattern prefissato caratteristico di quella pattuglia. Va da sé che nei livelli seguenti i pattern si ripetono cambiando però lo sprite e rendendo il gioco un po' macchinoso.
Pac Mania
La mia prima recensione doveva necessariamente essere un tributo a Pac Man. Forse uno dei più celebri personaggi dei videogiochi, nato ne 1980 dall'idea di Tohru Iwatani, un giovane programmatore della Namco. La leggenda vuole che il primo Pac Man fosse nato durante una cena in pizzeria proprio mentre Iwatani stava guardando una pizza nel piatto alla quale era stata asportata una fetta. Nei seguenti 14 mesi un'equipe di otto tecnici lavorò al progetto che vide la luce il 22 maggio 1980. Il nome originale era Puckman e fu pubblicato dalla Midway Games.
La versione che ho scelto io è di otto anni successiva, la prima che ho giocato nel 1988 e la prima che ho rigenerato da immagine ADF dopo aver rimesso in funzione l'Amiga.
Nel tempo sono state sfornate infatti molteplici versioni del gioco, con grafica più accattivante, musiche e varianti, ma la sostanza del gioco non è mai cambiata.
Click Clack
Ecco un piacevole passatempo firmato Idea Software, l'italianissima software house che nel 1992 sfornò Click Clack. Il gioco si presenta come un puzzle rompicapo davvero interessante. Lo scenario si compone di dodici livelli costituiti da moumenti sparsi per il mondo. In ciascuno di questi c'è un orologio fermo e per farlo ripartire bisogna collegare il motore che sta alla base con il meccanismo dell'orologio mediante ingranaggi che ci vengono assegnati casualmente, tipo i pezzi del tetris.
Ogni monumento si compone di più piani, e ogni piano di una o più stanze attraverso le quali il nostro marchingegno si snoderà. A complicare le cose c'è il tempo che corre ed una banda di folletti dispettosi.
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