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Per essere un miracolo è durato pure poco

EuroEra il 2008 quando leggevo stupefatto ed intimorito le pagine di Duri e Puri di Eugenio Benetazzo. Fino al giorno prima mi sarei aspettato di tutto dal futuro, poi ho iniziato a leggere e cercare informazioni ed approfondimenti. Una rete di collegamenti è pian piano emersa, creando uno scenario tetro e senza molte prospettive se non quelle di mutamenti radicali, turbolenti e dolorosi. Mi viene in mente il 6 novembre 1994, quando la mia città, il mio quartiere e la mia casa furono travolti dalle acque nell'alluvione del fiume Tanaro. La gente spesso mi ha chiesto come mai, vedendo salire il livello delle acque, nessuno avesse mosso un dito.

La risposta non è semplice da accettare, tanto meno il fatto che la propria casa debba essere travolta dal fiume in piena. Così la gente ha preferito pensare che tutto andasse bene. La stessa cosa sta succedendo in Italia e nel mondo. La Comunità Europea è in preda ad un delirio di onnipotenza, non riuscirà a salvare un piccolo stato come la Grecia ma vuole finanziare opere colossali, insiste su modelli di sviluppo e di crescita infinita quando è palese da anni che si tratta di una mera utopia, business as usual che persiste nelle menti di chi ne ha sempre tratto profitto senza mai interrogarsi sulle conseguenze.

Torre di babele (Pieter Bruegel il Vecchio, 1563)Il pensavo che la prossima crisi petrolifera avrebbe posto un limite forzoso a questo scellerato sistema che ha posto le proprie fondamenta sulla sabbia, in realtà non sarà l'unico elemento in gioco nello scenario. I principati e le potestà moderni sono il denaro, il potere, le multinazionali che martoriano quotidianamente popoli e territori per profitto, burocrati chiusi in palazzi di vetro che pensano semplicemente ai loro interessi ignorando le sorti di milioni di persone. I signori della guerra e le forze canaglia messe in moto da una società che oggi va persino stretta a noi stessi ed una classe politica governante inadeguata che reitera modelli passati e risfodera discorsi ormai datati per compiacere il popolino, senza riuscire a prendere atto della situazione. Un mondo in cui il solo budget annuo di spesa militare degli Stati Uniti sarebbe sufficiente a risolvere per sempre tutti i problemi del pianeta Terra (in realtà ne basterebbe molto beno, vedere Lester R. Brown - Piano B 3.0 Mobilitarsi per salvare la civiltà) e che logora il proprio PIL per pagare i danni provocati da eventi naturali causati da decenni di abusi non è il mondo che pensavamo di costruire. L'elenco sarebbe ancora lunghissimo e forse superfluo. Possiamo solo augurarci che questi principati, potestà e potenze cadano al più presto perché si possa ripartire con un nuovo sistema.

Mi viene in mente un testo che nella sua umiltà, ben 1956 anni fa, aveva previsto tutto questo e forse con una vena di positività che oggi abbiamo perduto (Cor 15, 23-25).

"23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; 24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. 25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi"

Project for a New American CenturyIl miracolo italiano, come il sogno americano, finiranno così indegnamente? Una volta leggevo del progetto per un nuovo secolo americano (PNAC) e mi chiedevo quale fosse la sua reale utilità. Stabilire un primato oggi è diventato sempre più importante perché nel momento in cui tutto cade, chi resta in piedi per ultimo tira le fila del discorso.

Crisi del 1929Oggi però l'Italia affronta una sfida ulteriore. Su di noi pesano sentenze di organi di vigilanza, società di rating e commissioni europee che pongono un giogo ancora più stringente man mano che la situazione degenera, rendendo così vano ogni sforzo fatto per rimediare. In ultima battuta gli sforzi devono farli gli Italiani, tagliare le spese della politica per quanto ingenti, o pensare di espropriare i beni alla Chiesa Cattolica per fare cassa, non può che chiudere la falla per qualche tempo, mentre le vere riforme di spesa andrebbero fatte a costo zero, ovvero tagliando voci in perdita anziché vendendo strutture.

Lo Stato paga le spese sanitarie a chi decide di procurarsi un cancro fumando quattro pacchetti di sigarette al giorno, deve fronteggiare i disagi sociali causati da chi sceglie di procurarli con condotte di vita poco lungimiranti e deve porre rimedio ai danni ambientali causati volontariamente da automobili e fabbriche. In Italia manca il senso di responsabilità. Se una sigaretta includesse nel suo costo le spese mediche che dovranno essere poi prestate (si parla di 500 miliardi di dollari annui per il 2010 nel mondo intero, pari al 3,6% del PIL modiale) lo Stato risparmierebbe grandi quattrini (una stima ottimistica parla del 15%, qualcuno arriva fino al 30% del budget di spesa sanitaria annua in Italia) e tutti oi godremmo di una salute migliore.